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Il segmento testuale Mi pare è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 522Analitici , di cui in selezione 17 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giudizi di Antonio Gramsci su Benedetto Croce in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: [...]ità revisionistica e ciò specialmente durante la guerra, soprattutto dopo il 9917. La nuova serie di saggi sulla teoria della storia incomincia dopo il 1910 con la memoria Cronache, storie e false storie e giunge fino agli ultimi capitoli della Storia della storiografia italiana nel secolo X.JX, ai saggi sulla scienza politica e alle.ultime manifestazioni letterarie, tra le quali la Storia d' Europa, come appare almeno dai capitoli che ho letto. Mi pare che il Croce tiene più di tutto a questa sua posizione di leader del revisionismo e che in ciò egli intenda essere il meglio della sua attuale attività. In una breve lettera scritta al prof. Corrado Barbagallo e pubblicata nella Nuova Rivista Sto' rica del 1928 o 29 (non ricordo con esattezza) egli esplicitamente dice che tutta l' elaborazione della sua teoria della storia come storia eticopolitica (e cioè tutta o quasi la sua attività di pensatore di circa 29 anni) è rivolta ad approfondire il suo revisionismo di quaranta anni fa.
Carissima Tania, se cenni simili a questi ti possono essere [...]

[...]TA
Casa penale di Turi, 25 aprile 1932
. Non so ancora se le note che ti ho scritto sul Croce ti abbiano interessato e se sono conformi alle necessità del tuo lavoro : credo che me lo dirai e cosí potrò regolarmi meglio. Del resto tieni conto che si tratta di accenni e di spunti che andrebbero svolti e completati. Ti scrivo un paragrafo anche questa volta ; tu poi riordinerai secondo che ti parrà più opportuno. Una quistione molto interessante mi pare quella che si riferisce alle ragioni della grande fortuna che ha avuta l'opera del Croce, ciò che non avviene di solito ai filosofi durante la loro vita e specialmente non si verifica troppo spesso fuori della cerchia accademica. Una delle ragioni mi pare da ricercare nello stile. E stato detto che il Croce è il più grande prosatore italiano dopo il Manzoni. L'affermazione mi pare vera, con questo avvertimento, che la prosa di Croce non deriva da quella del Manzoni, quanto invece dai grandi scrittori di prosa scientifica e specialmente dal Galilei. La novità del Croce, come stile, è, nel campo della prosa scientifica, nella sua capacità di esprimere, con grande semplicità e con grande nerbo insieme, una materia che di solito, negli altri scrittori, si presenta in forma farraginosa, oscura, stiracchiata, prolissa. Lo stile letterario esprime uno stile adeguato nella vita morale, un atteggiamento che si può chiamare goethiano di serenità, compostezza, sicurezza imperturb[...]

[...]zza imperturbabile. Mentre tanta gente perde la testa e brancola tra sentimenti apocalittici di panico intellettuale, Croce diventa un punto di riferimento per attingere forza interiore per la sua incrollabile certezza che il male metafisicamente non può prevalere e che la storia è razionalità. Bisogna tener conto inoltre che a molti il pensiero di Croce non si presenta come un sistema filosofico massiccio e di difficile assimilazione come tale. Mi pare che la più grande qualità di Croce sia sempre stata questa : di far circolare non pedantescamente la sua concezione del mondo in tutta una serie di brevi scritti nei quali la filosofia si presenta immediatamente eviene assorbita come buon senso e senso comune. Così le soluzioni di tante quistioni finiscono col circolare divenute anonime., penetrano nei. giornali, nella vita di ogni giorno e si ha una grande quantità di c crociani > che non sanno di esserlo e che magari non sanno neppure che Croce esiste. 'Così negli scrittori cattolici è penetrata una certa somma di elementi idealistici da cu[...]

[...]lava, la filosofia della praxis, nei suoi più grandi teorici moderni, veniva elaborata nello stesso senso e il momento dell' c egemonia > o della direzione culturale era appunto sistematicamente rivalutato in opposizione alle concezioni meccanicistiche e fatalistiche dell' economismo. E stato anzi possibile affermare che il tratto essenziale della più moderna filosofia della praxis consiste appunto nel concetto storico politico di c egemonia >: Mi pare perciò che il Croce non sia up to date con le ricerche e con la bibliografia dei suoi studi preferiti o abbia perduto la sua capacità di orientamento critico. A quanto pare le sue informazioni si basano specialmente su un famigerato libro di un giornalista viennese, il FúlopMiller. Questo punto dovrebbe essere svolto estesamente e analiticamente, ma allora sarebbe necessario un saggio molto lungo. Per ciò che ti può interessare, mi pare che bastano questi accenni che non mi sarebbe agevole svolgere diffusamente .. .
Casa Penale di Turi, 9 maggio 1932
Poichè non ho ancora letto la Storia d' Eu, ropa non posso darti nessuno spunto sul suo reale contenuto. Posso però ancora scriverti qualche osservazione che non è esteriore che in apparenza, come vedrai. Ti ho già scritto che tutto il lavoro storiografico del Croce negli ultimi venti anni è stato rivolto a elaborare una teoria della storia come storia eticopolitica in contrapposizione alla storia economicogiuridica che rappresentava la teoria derivata dal materialismo storico[...]

[...]non è esteriore che in apparenza, come vedrai. Ti ho già scritto che tutto il lavoro storiografico del Croce negli ultimi venti anni è stato rivolto a elaborare una teoria della storia come storia eticopolitica in contrapposizione alla storia economicogiuridica che rappresentava la teoria derivata dal materialismo storico dopo il processo revisionistico che esso aveva subìto per opera del Croce stesso. Ma la storia del Croce è poi eticopolitica? Mi pare che la storia del Croce non possa essere chiamata che storia c speculativa > o c filosofica > e non eticopolitica, e irrquesto suo carattere e non nell'essere eticopolitica èla sua opposizione al materialismo storico. Una storia eticopolitica non è esclusa dal materialismo storico, in quanto essa è la storia del smo mento s egemonico >, mentre è esclusa la storia c peculativa > come ogni filosofia c speculativa ). Nella sua elaborazione filosofica il Croce dice di aver voluto li
t Il termine e,filnsofia della praxis s viene impiegato in tutte le lettere di Gramsci dal carcere per quello di c[...]

[...] i portabandiera e i sacerdoti. Si tratta dunque di una ideologia, cioè di uno strumento pratico di governo e occorrerà studiare il nesso pratico su cui si fonda. La c libertà , come concetto storico è la dialettica stessa della storia e non ha c rappresentanti >, pratici distinti e individuati. La storia era libertà anche nelle satrapie orientali, tanto vero che eliche allora c' era c movimento ) storico e quelle satrapie sono crollate. Insomma mi pare che le parole mutano, le parole sono magari dette bene, ma le cose non sono neanche scalfite. Mi pare che la Critica fascista in un articolo, seppure non esplicitamente, abbia scritto la critica giusta, osservando che tra vent' anni il Croce, vedendo il presente in prospettiva, potrà trovare la sua giustificazione storica come processo di libertà. Del resto, se ricordi il primo punte che ti ho scritto, cioè le osservazioni sull'—atteggiamento del Croce durante la guerra, comprenderai meglio il suo punto di vista: come c sacerdote x, della moderna religione storicistica, il Croce vive la tesi e l' antitesi del processo storico e insiste nell' una e nell' altra per c ragioni pratiche a perchè n[...]

[...] tempo in poi, sebbene abbia definito meglio le sue dottrine ; un mutamento più notevole è quello avvenuto dal 900 al '910. La cosiddetta c religione della libertà >' non è una trovata di questi anni, è il riassunto in una formula drastica del suo pensiero di tutti i tempi, dal momento in cui abbandonò il cattolicismo, come egli stesso scrive nella .sua autobiografia intellettuale. (Contributo alla critica di me stesso).
Nè in questo il Gentile mi pare in disaccordo col Croce. Credo che tu dia una interpretazione inesatta della formula c religione della libertà poichè le presti un contenuto mistico (così potrebbe credersi dal fatto che tu accenni a un crifugiarsi ) in questa religione e quindi a una specie di c fuga r, dal mondo ecc.). Niente di questo. Religione della libertà significa semplicemente fede nella civiltà moderna, che non ha bisogno di trascendenza e rivelazioni ma Contiene in sè stessa la propria razionalità e la propria origine. È quindi una formula antimistica e, se vuoi, antireligiosa. Per il Croce ogni concezione del mond[...]



da Vasco Pratolini, Firenze, marzo del ventuno in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]o, ai veicoli é proibito transitare. «Diglielo a un altro! » al massimo gli rispondevano. E come se fosse un cane, per mettergli paura: «Pulsa via! ». Se non usciva dalla garritta, lo appestavano di fumo. Oppure veni
8 VASCO PRATOLINI
vano appiedati: « È tornato a casa il tale ? L'hai visto passare ? ». Dapprincipio aveva risposto: «Non lo conosco, ci passa tanta gente, non so chi sia ». Ora, dopo che anche a lui avevano promesso mazzolate : « Mi pare di si, mi pare di no » rispondeva. « Non sono sicuro ». Ma giorno per giorno, ormai, era più le volte che gli diceva la verità, di quelle che gli mentiva. E loro del Pignone, gli promettevano le stesse mazzolate; i ragazzi gli buttavano i rospi dentro lo sportello, i vecchi gli dicevano: « Vergógnati », e vecchi com'erano, anche piú di lui, lo minacciavano col bastone. Le donne gli versavano il soldino: « Come va signor Soffioni? ». Poi sputavano per terra e ci fregavano sopra col piede, le cimbardose.
I due carabinieri andavano su e giú, meglio lasciarli fare. Dalla parte delle Cascine, come ogni sera, c'[...]

[...]ovo il silenzio; di nuovo quella voce:
« Malesci se ci sei, fatti sentire da cotesti delinquenti. Portali via D.
Ora Falco si era drizzato in tutta la persona, "gli sporgeva la bazza, tanto doveva essere infuriato". Tuttavia era calmo, la rivoltella in mano, si rivolse al Masi, spiaccicato di spalle contro il suo stabbiolo: « Chi è questo? » gli chiese. «Mah », il vecchio disse, un po' balbettava, un po' si dava coraggio: « O non é il Santini? Mi pare, non lo so ». Poi, rivolto ai suoi amici, Falco gli ordinò: « Non mi venite dietro. Muovetevi quando vi chiamo ». E avanzò sul ponte, si fermò dieci passi lontano.
« Ci sono, eccomi qui », gridò. « Tu chi sei? Sei quella carogna del Santini? D.
Dalla parte del Pignone, lo videro avanti ch'egli aprisse bocca, e le urla, i gridi che si levarono dalla folla, copersero le sue parole. Egli era abbagliato dal riflesso, scorgeva come una fiumana nera, colorata, agitarsi +a capo del ponte, e come ondulare, trattenuta in se stessa, e contemporaneamente, una figura d'uomo, una figura di donna, un'alt[...]



da [Gli interventi] Valentino Gerratana in Studi gramsciani

Brano: [...]ose interpretazioni che sì sforzano di opporre le posizioni di Gramsci a quelle di Lenin.

Il tema è strettamente connesso, come del resto ha rilevato anche Togliatti, alTelaborazione di Gramsci della teoria dell’egemonia e alla sua critica della teoria troschista della rivoluzione permanente. Conviene quindi rifarsi, per chiarire meglio la cosa, al saggio sulla Quistione meridionale, dove Gramsci a un certo punto, usando per la prima volta, — mi pare — il termine di « egemonia del proletariato », afferma che i comunisti torinesi, prima ancora che sul piano teorico si erano posti concretamente il problema dell’egemonia del proletariato affrontando la questione delle alleanze della classe operaia. È da qui, io credo, che bisogna partire: dal nesso pratico tra il problema dell’egemonia e la questione politica delle alleanze.

Non ogni alleanza, però, implica il concetto di egemonia. Non lo implica un’alleanza contingente, provvisoria, puramente strumentale, destinata a sciogliersi appena siano raggiunti gli scopi immediati per cui si è for[...]

[...]In questo caso si potrebbe dire che Bronstein, che lappare come un “ occidentalista ”, era invece un cosmopolita, cioè superficialmente nazionale e superficialmente occidentalista o europeo. Invece Ilici era profondamente nazionale e profondamente europeo » 2.

Gramsci vede dunque in Lenin, proprio in questo suo contrasto con le posizioni di Trotzki, il teorizzatore di una nuova strategia rivoluzionaria, sulle basi del principio di egemonia. « Mi pare — egli scrive poco dopo nella stessa pagina citata — che Ilici aveva compreso che occorreva un mutamento dalla guerra manovrata, applicata vittoriosamente in Oriente [cioèin Russia} nel ’17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... » 3.

1 Mach., p. 66.

2 Mach., p. 67.

3 Mach., p. 68.Valentino Gerratana

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Se si pensa alle condizioni in cui Gramsci era costretto a lavorare, all’impossibilità in cui egli si trovava di poter consultare la documentazione necessaria, non può sorprendere la forma cauta delle sue affermazioni. «Mi pare», egli scrive, ma non[...]

[...]novrata, applicata vittoriosamente in Oriente [cioèin Russia} nel ’17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... » 3.

1 Mach., p. 66.

2 Mach., p. 67.

3 Mach., p. 68.Valentino Gerratana

589

Se si pensa alle condizioni in cui Gramsci era costretto a lavorare, all’impossibilità in cui egli si trovava di poter consultare la documentazione necessaria, non può sorprendere la forma cauta delle sue affermazioni. «Mi pare», egli scrive, ma non ricordava male; il suo richiamo a Lenin anche in questo punto è del tutto giustificato e possiamo ora controllarlo sui testi stessi di Lenin.

Nel passo citato vi è in realtà un solo termine di riferimento, alla formula — scrive Gramsci — del « fronte unico ». Togliatti nella sua relazione ha chiarito come tale riferimento vada riportato ai dibattiti e alle 'tesi del III Congresso deFIntefnazionale, che è del 1921. Il richiamo è effettivamente illuminante e particolarmente utile oggi, di fronte ai tentativi di presentare la Rivoluzione d’Ottobre come una rivoluzione di[...]

[...]anza come premessa indispensabile di ogni rivoluzione socialista, in Occidente o in Oriente, nei paesi industrialmente più avanzati o in quelli più arretrati, il III Congresso elabora la nuova tattica del fronte unico, come necessaria in quel momento, nei paesi occidentali, per la conquista della maggioranza, e giustamente in questa tattica Gramsci vede un esempio di passaggio dalla guerra manovrata alla guerra di posizione.

È possibile però, mi pare, trovare altri riferimenti, per questo richiamo di Gramsci alte posizioni di Lenin, in documenti anteriori al 1921.

1 L’Internazionale comunista, Roma, 1950, pp. 324 e 327.590

Gli interventi

Già infatti in un discorso del 7 marzo 1918, il rapporto sulla guerra e sulla pace al VII Congresso del Partito, Lenin si rendeva conto di questa necessità di passare dalla guerra di movimento alla guerra di posizione, sia in Russia dove si era fatta la rivoluzione, sia nei paesi europei dove la rivoluzione non era incominciata. « Quanto più è arretrato — diceva allora Lenin — il paese nel quale[...]



da [Gli interventi] Alberto Caracciolo in Studi gramsciani

Brano: Alberto Caracciolo

Ad un certo punto delila sua relazione l’on. Palmiro Togliatti ha ricordato come Lenin abbia svòlto la propria elaborazione intorno a tre principali punti nodali: quello della Rivoluzione, quello dello Stato e quello del Partito. In questo triplice ordine di problemi strettamente connessi ed interdipendenti, si deve effettivamente svolgere, mi pare, ogni ricerca per stabilire il leninismo di Gramsci, i suoi rapporti con l'esperienza rivoluzionaria ed il pensiero bolscevico.

Io qui desidero fermarmi, però, su di un solo aspetto: quello della teoria dei Consigli di fabbrica e più in generale dei Consigli operai, quale si presenta in Gramsci nel quadro della teoria dello Stato proletario. E non perché io creda, sia chiaro, che in questo solo aspetto si possa conchiudere tutto Gramsci, né perché mi muova qualche mito — per cosi dire — dei Consigli dappertutto ed in tutti i modi, ma perché credo che questo sia uno dei punti sui quali megl[...]

[...] questo vi sia di residuo delle iniziali teorie sindacaliste o volontaristiche, delle cui letture Gramsci era particolarmente preso, si potrà anche esaminare se non vi sia qui una certa particolare sensibilità verso la concezione marxiana dello Stato comunista, come Stato dei produttori, come palestra di autogoverno, come luogo che rivaluta e torna a far riemergere progressivamente dalla società politica la società civile.

Si tratta comunque, mi pare, di una inclinazione inconfondibile del pensiero gramsciano, che lo distingue per certi aspetti dal pensiero di Lenin e che a sua volta distingue il movimento dell’Ordine Nuovo, tutto generato dal basso, articolato, autogovernato, dal movimento dei Soviet russi, più tendente a forme di centralizzazione.

Ber Gramsci il Consiglio di fabbrica è autentico ed essenziale organo del poterle che non può in alcun modo essere sostituito dal partito politico o dagli organismi eletti con suffragio universale, cioè dagli organismi di tipo parlamentare. « La soluzione effettiva — scrive nella primavera [...]

[...] « Il movimento dei Consigli di fabbrica — dice Gramsci — rimane nella storia del movimento operaio italiano il tenta564

Gli interventi

tivo più ardito compiuto dalla parte più avanzata del proletariato per realizzare ia propria egemonia nella lotta per rovesciare il potere delk borghesia ed instaurare la dittatura del proletariato ».

Per questo, grazie a questo impegno del quale ogni atto ed ogni pagina dell'azione sua sono testimoni, mi pare si possa parlare di un Gramsci e di un movimento dell’Ordine Nuovo che si inquadrano con le loro originalità e peculiarità nel grande filone leninista dei problemi dello Stato operaio. E non avrei bisogno di ripeterlo tanto la cosa appare ovvia se non mi avesse colpito, in verità, il fatto che nel testo a noi distribuito defila redazione Togliatti, mentre si parla molto di dittatura e di egemonia, di partito di avanguardia e di intellettuali organici, quesito argomento 'invece si accenna solo di sfuggita per dichiarare inaccettabile la tesi secondo la quale il Consiglio conterrebbe in sé la s[...]

[...]i di propaganda e preparazione, di lotta, domani organi del potere proletario ».

Cosi ancora la risoluzione del successivo Congresso di Bologna (mozione Serrati) : « A tallii organismi parlamentari dovranno essere opposti organi nuovi proletari, Consigli di lavoratori, contadini, soldati, Consigli della economia pubblica, ecc. i quali divengano organismi di trasformazione sociale ed economica, di ricostruzione del nuovo ordine comunista ».

Mi pare che un’attenta e precisa ricerca su quello che era Gramsci negli anni in cui viveva Lenin, ci dimostri il suo leninismo anche su questa questione. Direi che ise non ci fosse in Gramsci questa precisa concezione sviluppata e poi originalmente portata avanti, dei Consigli come strumenti del potere, come forma originale dello Stato operaio, non

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Gli interventi

potremmo dire che Gramsci sia stato leninista, sia stato in quel momento partecipe del pensiero complessivo di Lenin. 'Per questo, mentre nella comunicazione che ho presentato per iscritto avevo creduto di qualche interesse[...]



da [Gli interventi] Gastone Manacorda in Studi gramsciani

Brano: [...]sa che non è certamente dettata soltanto daGastone Manacorda

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un interesse erudito; quindi quello che io sto dicendo potrebbe essere interpretato come un indulgere iad una moda. Perciò vorrei subito precisare che i riferimenti diretti di Gramsci a Cattaneo sono scarsissimi, non solo, ma ci sono alcune cose interessanti : ad esempio per due volte Gramsci cita l’edizione in volume de La città del Cattaneo della quaile egli aveva notizia, mi pare di capire, attraverso una recensione (come per molti altri libri) con il desiderio di leggerla perché sente che li troverebbe qualche cosa che lo interessa vivamente, vi troverebbe trattato quel problema di città e campagna che è uno dei temi Centrali del suo pensiero; ma Gramsci non conosce questo scritto, che prima del suo arresto non era stato mai ripubblicato. Cosi, non tricorda, Gramsci, gli scritti di carattere economico di Cattaneo. Viceversa, mi sembra di derivazione nettamente cattaneiana la critica al ’48 : il giudizio sulla politica piemontese nel ’48, la questione dei rapporti fra[...]

[...] tempi di cui parla; nella storia — ad esempio — della polemica politica in Italia fra il 70 ed ili ’900 è chiaro che scrittori come Turiello e Mosca hanno il loro posto,, ma il loro pensiero non ha un effettivo contenuto storico.

Non entro nella sostanza della discussione, perché qui bisognerebbe distinguere fra i vari autori che cita Gramsci e dissentirei da alcuni giudizi, ma non è su questo che voglio soffermarmi; voglio dire, invece, che mi pare che il giudizio polemico contro Gramsci, che è stato lanciato prima dal Croce e poi ripreso da altri, tenda, in sostanza, ad ascrivere Gramsci stesso a questa letteratura, e per le ragioni che ho svolto mi pare che questo giudizio non corrisponda alla realtà. A questo punto, bisogna passare ai problemi storici concreti, ad esaminarli, uno per uno, cioè fare quel secondo lavoro al quale io accennavo in principio.

Mi limito soltanto ad accennare che per quello che riguarda il periodo più recente, quello nel quale Gramsci fu ancora attore politico* o per lo meno quello più vicino a lui, molti suoi giudizi appaiono più discutibili, come è logico; anzi direi che su questi temi, quasi per paradosso, si verifica perfino che contengano maggiore verità storica certi giudizi che sembrano più polemici, più [...]

[...]sempio, a proposito di Giolitti, a me sembra che il giudizio che si trova ad un certo punto nei Quaderni, secondo il quale Giolitti, in fondo, sarebbe un continuatore di Crispi, che si sarebbe mantenuto,Gastone Manacorda

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essenzialmente, nel solco di Crispi sostituendo al giacobinismo di temperamento di Crispi la solerzia e la continuità burocratica, sia un giudizio politico di tipo polemico che non si può trasferire sul piano storico. Mi pare che qui Gramsci non intenda a fondo il valore della lotta politica che si svolse all'interno della borghesia, (ma anche con la partecipazione, per la prima volta sul piano della politica nazionale, delle forze proletarie) alla fine del secolo XIX. Viceversa, mi sembra che resista all’analisi storica, che del resto è appena iniziata, l’esame più profondo del sistema giolittiano e delle alleanze di classe sulle quali esso poggia, come è delineato nelle Note sulla questione meridionale e ripreso in parte nei Quaderni.

Il discorso, invece, che si deve fare sui temi più strettamente legati al R[...]

[...] io ho letto con stupore che si accusi Gramsci di non avere tenuto conto deHa situazione internazionale e quindi della impossibilità di una rivoluzione agraria italiana nell’Europa del 1848 che non era la Francia del 1789. Ma questo, in Gramsci, è detto e ripetuto più di una volta, e stupisce che studiosi anche autorevoli dicano che questo aspetto nei Quaderni è trascurato, mentre c’è ad ogni pagina; ed io vi risparmio le citazioni, meno una che mi pare le riassuma un po’ tutte, là dove Gramsci dice testualmente che « Il Risorgimento è svolgimento storico contradditorio e complesso che risulta integrato da tutti i suoi elementi antitetici, dai suoi protagonisti e dai suoi antagonisti, dalle loro lotte, dalle modificazioni reciproche che le lotte stesse determinano ed anche dalla funzione delle forze passive e latenti come le grandi masse agricole, oltre, naturalmente, la funzione eminente dei rapporti internazionali ».512

Gli interventi

Certo, se si isolano talune affermazioni di Gramsci come quella che « l’azione sui contadini era se[...]

[...]reata una democrazia rurale, quindi lo sviluppo del capitalismo sarebbe stato più lento, ragione per cui il progresso generale economico, sociale e politico in Italia sarebbe stato ritardato, ecc. ecc., e quindi che le cose cosi come sono andate, sono andate nel migliore modo possibile, che non c’era altra via fuori di quella di calpestare il contadiname per spremerne le ricchezze che erano necessarie per l’accumulazione del capitale, ecc. ecc., mi pare che egli idealizzi, tenda a fare di uno svolgimento storico concreto un modello, o un ideale (e non faccio questione di scelta politica, in questo caso). Ancor più, quando Romeo istituisce il confronto con la Francia, e dice che là le cose sono andate peggio perché la Rivoluzione aveva creato la piccola proprietà rurale, ecc., e contrappone lo sviluppo capitalistico italiano a quello francese come qualcosa di preferibile, ancora una volta egli idealizza la recente storia d’Italia.

Idealizzazione per idealizzazione, posto che la scelta fosse tra questi termini, posto che in Gramsci sia idea[...]



da [Le relazioni] P. Togliatti, Gramsci e il leninismo in Studi gramsciani

Brano: [...], ma positivo, costruttivo. L’errore stette nel modo della adesione e nella rapidità della correzione; ma anche in esso troviamo un elemento di coerenza ideale e di coerenza pratica profonda.

Anche altri errori vi furono nello sviluppo dell’azione politica di Gramsci. Certo è il punto di partenza, certo il punto di, arrivo; ma traPaimiro Togliatti

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il punto di partenza e il punto di arrivo il distacco è enorme. Il punto di partenza, mi pare abbia tentato di descriverlo Gramsci stesso in una pagina che voi trovate airinizio del volume Passato e presente, dove parla di processi vitali « ... che sono caratterizzati dal continuo tentativo di superare un modo di vivere e di pensare arretrato, come quello che era

proprio dice — di un sardo del principio del secolo, per appropriarsi

un modo di vivere e di pensare non più regionale e da “ villaggio ”, ma nazionale, e tanto più nazionale, (anzi nazionale appunto per ciò) in quanto cercava di inserirsi in modi di vivere e di pensare europei, o almeno il modo nazionale confrontava co[...]

[...]n parte non ancora. Questi scritti contengono senza dubbio anche degli errori, affermazioni che non possiamo accettare e non sono accettabili. Mi riferisco particolarmente al famoso articolo intitolato « La rivoluzione contro il “ Capitale ” » 1 dove il « Capitale » è il libro di Carlo Marx, e la rivoluzione è quella dei bolscevichi russi neH’Ottobre 1917. L’impostazione, come si vede, è errata ed errati sono alcuni giudizi. Ma da questo scritto mi pare emerga quasi un grido di liberazione del giovane Gramsci che, vedendo ciò che è avvenuto in Russia, finalmente sente che ci si può liberare dal (pesante e ingombrante involucro dell’interpretazione pedantesca, grettamente materialistica e positivistica che era stata data del pensiero di Marx in Italia, e che era stata data anche da grandi e ben noti agitatori del socialismo.

Il Capitale in Russia era diventato — si legge in questo articolo — « il libro dei borghesi, più che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale necessità che in Russia si formasse una borghesia, si inizia[...]

[...] anche al partito politico, in quanto il partito politico già anticipa alcune delle funzioni dirigenti che domani apparterranno alla classe oggi ancora subalterna.

Come si vede, molteplici sono i mezzi attraverso i quali la classe che tende alla conquista del potere si sforza di creare le condizioni della sua egemonia.

Per approfondire questo tema sarebbe necessario addentrarsi nel campo della concreta attività politica attuale, il che non mi pare sia opportuno in questo momento. Vorrei soltanto accennare alla distinzione, assai interessante e, quando venga esplorata a fondo, assai ricca di indicazioni e di sviluppi, che Gramsci introduce, riferendosi alla lotta per il potere, tra la « guerra manovrata » e la « guerra di posizione ». Col primo termine egli designava, in sostanza, l’attacco rivoluzionario per la conquista del potere. Con il secondo designava il contrasto di classe che matura, sotto la direzione del partito rivoluzionario, quando l’attacco rivoluzionario non è possibile o prima di esso, per prepararlo. Anche in questo se[...]

[...]intendeva Gramsci quando insisteva su questa differenza? La cosa risulta dallo esplicito richiamo, che è in una delle Note sul Machiavelli, all'azione di Lenin per istruire le avanguardie della classe operaia del mondo occidentale e di tutto il mondo, sulla lòtta politica che esse dovevano e devono condurre nelle condizioni della società capitalistica, quando non sono mature le condizioni né oggettive né soggettive di un attacco rivoluzionario. «Mi pare che Ilici [Lenin] aveva compreso che occorreva un mutamento dalla guerra manovrata, applicata Vittoriosamente in Oriente nel ’17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... Questo mi pare significhi la formula del “ fronte unico ”... » \

A questa posizione si collegano tanto la critica alla dottrina della

1 Mach., p. 68.Paimiro Togliatti

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rivoluzione permanente di Trotzki, che Gramsci considera come la dottrina dell’attacco quando l’attacco inevitabilmente deve terminare con una sconfitta, quanto il richiamo ai lavori di Lenin, precedenti il III Congresso dell’Internazionale comunista, e all’opera stessa di Lenin a questo Congresso comunista.

Il fatto di attribuire un valore non organico, ma metodologico alla distinzione tra società politica e società civile[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Tamburrano, Gramsci e l'egemonia del proletariato in Studi gramsciani

Brano: [...]ress sulla Nouvelle Vague ha appurato che in Francia la grande maggioranza delle nuove generazioni è contraria alla attuale organizzazione della produzione e della distribuzione della ricchezza.
Non a caso si è parlato della società occidentale. Gramsci nel carcere comprese la profonda differenza tra la società russa prerivoluzionaria e la società occidentale. In polemica con le tesi di Trotzkj, che ignoravano queste differenze, egli scrisse: « Mi pare che Ilici aveva compreso che occorreva un mutamento dalla guerra manovrata, applicata vittoriosamente in Oriente nel '17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... Solo the Ilici non ebbe il tempo di approfondire la sua formula, pur tenendo conto che egli poteva approfondirla solo teoricamente, mentre il compito fondamentale era nazionale, cioè domandava una ricognizione del terreno ed una fissazione degli elementi di trincea e di fortezza rappresentati dagi elementi di società civile, ecc. In Oriente, lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte prima: I ricordi di Ziu Anzelu Zudeu (Angelo il Giudeo[Angelo Floris]), pastore, cacciatore di tesori in Orgosolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]pensare a tirare il tesoro.
Tiro. E c'era una certa forza.
Tiro ancora. E viene fuori una testa di crapa. E tutta spolpata!
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INCHIESTA SU ORGOSOLO
— E questa che é?
— Vi sarete. sbagliato.
— Non mi posso sbagliare. Questo é il punto della carta.
Scavo ancora: niente!
Il prete era verde e rosso: si vedeve anche di notte. Lo scemo
piangeva, batteva le mani.
— Sarete stati voi. Per poca fede l'oro si è cambiato in testa di crapa.
Mi pare che qui di scemo c'é solo lei, padre pio.
— E tu sei più cretino di lui. Stavamo per attaccarci.
— Se questa testa era oro — dico io — datemi in oro la decima che avete promessa.
Te la puoi prendere pure tutta questa testa. — Era incazzato. Io pure ero incazzato, ma ora ridevo: era la prima volta che un prete dava una decima, e anche più, a un pastore.
Si é tolta la tonaca, se ne è andato e bestemmiava. E lo scemo dietro, saltando e ballando, e gridando: — Gú gò, bù bù. Sino a Orgosolo.
Ero proprio sfortunato! In quei tempi si metteva male la pastorizia ed io facevo il pastore. Cambio m[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte prima: Vita sfortunata di Ziu Marrosu Gangas vecchio orgolese in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]re!

— Che c’è? Che c’è? — mi metto a dire spaventato.

Altro che agnello: era il padrone!

— Ti possano ammazzare!

— Pè, pè, pè, pè.

Sortono due uomini dall’ovile vicino, due compagni del padrone. E ci danno un sacco di botte. Che non si dice.

Un'altra volta (questa volta era di notte) vado a cercare qualche pecora : e me l’ero messa sulle spalle. In quel momento arriva il padro96

FRANCO CAGNETTA

ne, e salgo su un albero. «Mi pare che ci deve stare qualcheduno». Ed io zitto.

AH’improwiso il pastore si mette a staccare dei rami per fare il fuoco. Ed io casco. «E tu chi sei? ». Ha capito che stavo lì per qualche bestia. Allora prende quei rami, e mi ha fatto il fuoco in culo.

Un'altra volta con Pietro, un pastore mio amico, andiamo ancora a cercare un gregge. Ed io metto presto sopra le mani. Sentiamo gridare: «Ohi, mamma mia, mamma mia! Qui ci ammazzano». Uno prende il fucile che aveva appresso e se ne scappa. Anche due o tre che stavano lì, a dormire con lui, prendono il fucile che avevano e si mettono a scappare[...]

[...]e e quella volpe.

Porca puttana! Spunta un carabiniere.

Meno male che avevo nascosto il fucile. Stava con me il latitante Valuzza Giovanni, condannato a perpetua galera.

— Qui ci sono i cacciatori — dice il carabiniere. E vede il falcone e la volpe. — Me li date?

— Se li prenda.

Mi ha dato 4 o 5 lire che a quel tempo era un bene. E parte. Prende più in là qualche pastore e l’arresta. Ma i latitanti, no.

Un giorno vado a Nuoro — mi pare la prima volta — ed ecco quel brigante di carabiniere:

— Buongiorno Gangas.

Mi prende: — Che stai a fare?

— Lei si deve impicciare dei fatti suoi.

— O porco iddio!

Stavo a parlare con lui e lui fà l’occhio. Ecco <phe mi sentoINCHIESTA SU ORGOSOLO

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tirare il paio di pelli che avevo addosso. Volto la testa e vedo un ragazzo.

— Porca puttana!

Torno a parlare e mi sento tirare due o tre volte.

— Tu sei matto!

Allora ho visto un signore discosto che sorrideva.

Porca madonna! ho avuto paura. «Chi sarà questo?».

Era il giudice istruttore: — Oh, stai qui? Com[...]



da Franco Lucentini, La porta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]here. Ogni
tanto rallentava davanti a una vetrina.
« Penso se mi sono scordata di comprare niente » disse.
« Possiamo vedere quando stiamo là » dissi. « Caso mai te lo vado
a comprare io ».
« A proposito » dissi, « ti volevo comprare qualche cosa, ma questi
giorni ci ho avuto delle spese... così non ho potuto ».
« Qualche cosa? » disse Adriana. « Che cosa? Un regalo? ».
« Beh, si » dissi. « Ma sai, le spese... ».
« Che spese? » disse. « Mi pare che é da parecchio che stai senza
soldi ».
« Beh, come ti pare » dissi. « Comunque bene o male tiro avanti,
non ti preoccupare ».
«Franco» disse.
Le caddi quasi addosso, inciampando nella valigia, perché s'era fer
mata all'improvviso.
« Ci prendiamo un caffè? » disse. « Aspettiamo dentro che spiove ».
Entrammo in una latteria vicino al Pantheon. Dentro c'erano un
82 FRANCO LUCENTINI
altro paio di coppie; gli uomini guardarono Adriana, mentre si toglieva l'impermeabile. Era bionda e portava un bel vestito elegante. Ordinai due cappuccini.
« Senti » disse mia sorella, « non ti potrei[...]

[...]to più nessuno. Ma io non ci avrei avuto la soddisfazione di vederlo.
Dalla porta che guardava Adriana, già adesso nessuno ci entrava più.
« Cara Adriana » scrissi, « ti scrivo a casa nel caso che fossi tornata. Se sei tornata credo che hai fatto male, credo che ci avevi avuta una buona idea, anche senza la paura, anche senza la speranza di qualcuno che doveva venire e di tutta quella faccenda della crepa, della cosa che si poteva rompere. Non mi pare che ci sia un'altra rottura possibile, oltre a quella dei... Pere) non sono più tanto sicuro. Credo che ci avevi
104 FRANCO LUCENTINI
ragione quando dicevi del coraggio, che nessuno ce l'ha. Credo che tu ce l'hai avuto, e pure se sei tornata ce l'hai avuto lo stesso. Credo che se qualcuno si merita qualche cosa, sei tu. Adesso solo ho capito quello che volevi dire, col fatto del mostro. Ma se per te qualcuno verrà, non sarà perché avrai avuto paura. Sara. perché sei come io non t'ho saputo vedere in tempo, perché sei così calma e gentile, così leggera, così an gelo. Oramai, per volerti bene[...]

[...]avesse fatto e girato, in una merda simile non c'era stata mai.
« Adriana », dissi carezzandola. « È stata la paura, no? E per la paura che stai crisi? Che ti sei ridotta a stare con quelli? ».
« Perché? » disse. « Che ci hanno, quelli? ».
« Non sono come gli altri? » disse.
« Come gli altri? » dissi. « Come gli altri? Si. Si, ma...».
« Tu ci hai di meglio? » disse. « Conosci qualcuno meglio, da mandarmelo qua? ».
Volevo ancora rispondere, mi pareva che ci dovesse essere qualche cosa da rispondere, ma non c'era. C'era una cosa sola, forse ci avrei avuto ancora la faccia di dirla, ma lei lo disse prima.
« Che, tu ti credi... » disse. « Tu ti credi di essere meglio, tu? ». Cominciai a risalire per andarmene. Poi mi fermai, dissi:
« Non mi volere male » dissi. « Ti voglio bene. Adesso non ci ho la forza di dirti le altre case che ti volevo dire. Ci ho la febbre, mi sento male. Tornerò quando stare, meglio. Adesso ti volevo dire che io... si, hai ragione, non sono meglio, forse non sono meglio. Ma se ti ricordi come eri tu quando ti ho l[...]

[...]e di là sotto era da pazzi, forse era pure stupido, ma era sempre meglio di adesso, di come sei ridotta adesso... tu ».
Ricominciai a salire e la lasciai in basso che rideva. Mano mano che saliva era una risata sempre più forte, quando fui in cima era un urlo che riempiva tutta la scala. Poi fini e sentii la porta che si richiuse.
Per la strada faceva freddo, tutti i negozi erano chiusi. Camminai un pezzo per le strade intorno al Pantheon, poi mi pare che voltai per l'Argentina e andai verso il fiume. Poi tornai indietro e non so dove
110 FRANCO LUCENTINI
andai, fino quasi alla mattina. Al primo caffè che trovai aperto entrai, chiesi un caffè doppio.
Mi accorsi che era il Caffè Notturno quando vidi quello appoggiato al banco che si alzava e mi veniva incontro.
« A questo, il caffè glie lo diamo noi » disse.
Quella notte non pare che avessero ammazzato nessuno, perché al carcere non ci restai nemmeno due mesi. Dopo però mi dovettero mettere all'ospedale per un altro po' di tempo e ci ebbi maniera di mandare avanti la domanda per la res[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Mi pare, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---socialista <---italiano <---Ciò <---capitalismo <---comunisti <---italiana <---marxismo <---Così <---Stato <---socialismo <---Filosofia <---Lenin <---Pratica <---comunista <---leninismo <---marxista <---Basta <---Del resto <---Dialettica <---Gramsci <---Russia <---Storiografia <---abbiano <---ideologia <---leninista <---materialismo <---Diritto <---Francia <---Marx <---Mosca <--- <---Perché <---ideologica <---ideologico <---marxisti <---Come <---Dico <---Ecco <---Non voglio <---Partito <---Viene <---fascismo <---fascista <---gramsciana <---gramsciano <---imperialismo <---italiane <---italiani <---socialisti <---storicismo <---Andiamo <---Antonio Gramsci <---Beria <---Cosa <---Dei <---Dio <---Già <---Ilici <---PCUS <---Più <---Psicologia <---Quale <---Scienza politica <---Stalin <---Sulla <---Trotzki <---URSS <---Vado <---capitalisti <---d'Europa <---dell'Unione <---ideologici <---ideologie <---psicologia <---psicologica <---riformisti <---staliniana <---staliniano <---stalinismo <---stalinista <---zarista <---Agraria <---Andate <---Antonio Labriola <---Artiglieria <---Bevan <---Bitti <---Carlo Marx <---Costituzione <---Crispi <---Davanti <---Dogmatica <---Fundales <---Il Capitale <---Il XX <---Jugoslavia <---Kamenev <---La Rivoluzione <---La sera <---Labriola <---Logica <---Ma mi <---Macché <---Mamoiada <---Niente <---Noi <---Oliena <---Ordine Nuovo <---Orgosolo <---Osporrai <---Paese <---Però <---Presto <---Principi del leninismo <---Pure <---Rajk <---Salvemini <---Santissimo Padre <---Sardegna <---Sarà <---Sei <---Siniscola <---Sopramonte <---Spagna <---Stato guida <---Storia contemporanea <---Supramonte <---Topografia <---Torino <---Torno <---Trovo <---Unione Sovietica <---Va bene <---Voglio <---anticomunismo <---antifascista <---bolscevismo <---centesimi <---comunismo <---dell'Occidente <---dell'Ordine <---determinismo <---diano <---fanatismo <---filologico <---formalismo <---giacobinismo <---illuminismo <---leninisti 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